Il presente articolo è da intendersi a esclusivo scopo informativo, non contiene e non intende fornire consigli legali, fiscali o commerciali. Le normative tributarie sono oggetto di frequenti modifiche, quindi, laddove necessario, è opportuno rivolgersi ad appositi professionisti in materia.
Secondo uno studio del MEF, nel 2024 si è registrato un aumento dell’1,3% nell’apertura delle partite IVA, con il settore del commercio che ha fatto da traino (+18,5%). Il dato non sorprende, visti i vantaggi di questo particolare regime giuridico rispetto ad altre forme d’impresa, come la società a responsabilità limitata (SRL).
Grazie alla sua flessibilità, la partita IVA è spesso la soluzione ideale per aprire e gestire un’attività ecommerce nel rispetto della legge. Tuttavia, nonostante le semplificazioni previste, specie per il regime forfettario, i merchant devono rispondere a rigide e spesso arzigogolate normative in materia fiscale.
Hai già aperto la tua partita IVA e hai dubbi sugli adempimenti fiscali? In questo articolo scoprirai come calcolare e dichiarare le tasse sulla partita IVA, con le opportune distinzioni tra regime ordinario e forfettario.
Le principali tasse per partita IVA previste in Italia
Ecco quali sono le principali tasse sulla partita IVA previste dal nostro ordinamento giuridico:
- IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche)
- IVA (Imposta sul valore aggiunto)
- Contributi previdenziali
- Eventuale imposta sostitutiva
IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche)
L’Imposta sul reddito delle persone fisiche, o IRPEF, costituisce il principale tributo diretto previsto dall’ordinamento giuridico italiano. Introdotta con il D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi), l’imposta si applica sul reddito complessivo secondo il principio di progressività, sancito dall’articolo 53 della Costituzione italiana. In base a tale principio, l’aliquota d’imposta aumenta con il crescere del reddito personale, così da garantire un sistema tributario equo. Il sistema dunque prevede scaglioni di reddito (modificabili dal legislatore), a cui si applicano aliquote crescenti in modo proporzionale.
L’IRPEF colpisce varie categorie di reddito, tra cui quello derivante da lavoro autonomo, e contribuisce al finanziamento dei servizi pubblici e alla ridistribuzione equa della ricchezza.
IVA (Imposta sul valore aggiunto)
Nell’ordinamento giuridico italiano, l’imposta sulle vendite prende il nome di IVA (o Imposta sul valore aggiunto). Questo tributo diretto è stato introdotto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26 ottobre 1972, secondo cui l’imposta si applica alla cessione di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio italiano, nell’esercizio di un’attività imprenditoriale, artistica o professionale. L’imposta colpisce anche le importazioni.
Chiunque svolga una delle attività indicate dal D.P.R. in questione, addebiterà l’IVA al momento della vendita o della prestazione del servizio, godendo al contempo del diritto di detrarre l’imposta pagata sugli acquisti di beni e servizi accessori allo svolgimento dell’attività economica. L’IVA è un tributo indiretto che colpisce il consumo e grava in ultima istanza sul consumatore, mentre gli operatori economici agiscono da intermediari nella sua riscossione.
Contributi previdenziali
I contributi previdenziali gestiti dall’INPS costituiscono la base finanziaria del sistema pensionistico e di welfare italiano. Il versamento di questi contributi consente allo Stato di erogare prestazioni future quali pensioni, indennità di malattia e disoccupazione. Tutti i lavoratori sono tenuti a versare i contributi all’INPS in proporzione al loro reddito e alla gestione INPS a cui sono iscritti, che varia in base alla professione svolta.
I contributi versati determinano la maturazione del diritto a determinate prestazioni erogate dallo Stato e dagli enti territoriali, nonché l’importo della pensione di anzianità.
Il sistema previdenziale italiano è basato sul principio della solidarietà intergenerazionale, secondo cui gli oneri contributivi delle generazioni attuali sono destinati a finanziare e garantire prestazioni a vantaggio delle generazioni precedenti, oltre a sostenere il sistema previdenziale per quelle future.
Eventuale imposta sostitutiva
L’imposta sostitutiva si applica in determinati regimi agevolati, sostituendo una o più imposte ordinarie, come l’IRPEF e le varie addizionali regionali e comunali.
La finalità di questa imposta è semplificare il carico e la gestione fiscale. Nel contesto delle tasse sulla partita IVA, l’imposta sostitutiva si applica al regime forfettario nelle modalità indicate dalla legge 190 del 2014. Come vedremo, questa imposta sostituisce nel regime in questione la tassazione progressiva prevista dall’IRPEF mediante l’applicazione di un’unica aliquota fissa.
5 step per calcolare e versare le tasse sulla partita IVA
Una volta esaminate le tasse sulla partita IVA previste nel nostro ordinamento giuridico, passiamo a vedere come calcolarle e versarle, distinguendo di volta in volta tra partita IVA in regime ordinario e forfettario:
- Calcola il reddito imponibile
- Determina l’imposizione fiscale
- Calcola i contributi INPS
- Gestisci l’imposta sulle vendite
- Liquida le tasse sulla partita IVA
1. Calcola il reddito imponibile
Il primo passo per gestire in modo corretto le tasse delle partite IVA è sapere quanto si guadagna secondo il fisco italiano. Questo valore prende il nome di reddito imponibile, ossia la base di applicazione di imposte e contributi. Le modalità di determinazione della propria base imponibile variano in base al regime fiscale adottato e non solo. Infatti, per determinare questo valore, è fondamentale conoscere anche il codice ATECO corrispondente all’attività economica svolta.
Per semplificare questo primo cruciale passaggio, vediamo due esempi concreti.
Marco gestisce un negozio di abbigliamento e registra un fatturato di 120.000 euro all’anno. Avendo superato la soglia prevista per il regime forfettario, Marco rientra nella partita IVA a regime ordinario.
In questo regime, il suo reddito imponibile si calcola sottraendo dai ricavi tutti i costi deducibili (di cui parleremo più avanti) sostenuti nell’esercizio della sua attività, come affitto, utenze e così via.
Ipotizziamo che il totale delle spese deducibili sia pari a 75.000 euro. Il suo reddito imponibile sarà: 120.000 euro (fatturato) - 75.000 euro (costi deducibili) = 45.000 euro.
Passiamo ora a Chiara, che gestisce un piccolo negozio di candele artigianali, il cui fatturato annuo si attesta sui 35.000 euro.
Chiara rientra nel regime forfettario e per calcolare il suo reddito imponibile dovrà conoscere il coefficiente di redditività associato alla sua attività.
Secondo il legislatore, l’attività di Chiara presenta un coefficiente di redditività del 40%. Il regime forfettario non consente di dedurre le spese effettive, applicando, appunto, una deduzione forfettaria.
A questo punto, Chiara dovrà solo moltiplicare il suo fatturato, ossia 35.000 euro, per il 40% (il coefficiente di redditività). Il risultato, vale a dire il suo reddito imponibile, sarà pari a 14.000 euro.
2. Determina l’imposizione fiscale
Una volta stabilito il proprio reddito imponibile, occorre calcolare le imposte dovute in base allo stesso. Come visto, il nostro sistema fiscale prevede una tassazione progressiva (IRPEF) e una sostitutiva. Riprendendo l’esempio di Marco e Chiara, il primo sarà soggetto all’IRPEF, mentre Chiara, in regime forfettario, sarà tenuta a liquidare un’imposta sostitutiva.
In dettaglio, Marco dovrà applicare al suo reddito imponibile due scaglioni: 23% per i redditi fino a 28.000 euro e 35% per i redditi fino a 50.000 euro.
Ecco come Marco dovrà calcolare l’IRPEF dovuta:
- 23% di 28.000 euro = 6.440 euro
- 35% su 17.000 euro (reddito imponibile, 45.000 euro, meno 28.000 euro soggetti allo scaglione precedente) = 5.950 euro
- Totale IRPEF lorda = 12.390 euro
A questo importo vanno sommate le addizionali comunali e regionali, che variano in base al comune di residenza, e sottratte eventuali detrazioni per carichi familiari e così via.
Chiara, invece, gestendo la sua attività mediante partita IVA con regime forfettario, non è soggetta all’IRPEF ordinaria e alle addizionali. La tassazione della sua attività si baserà su un’unica imposta sostitutiva.
Nel caso specifico, Chiara rientra nei requisiti per l’applicazione dell’aliquota ridotta del 5%, essendo la sua una nuova attività (Chiara non ha gestito alcun esercizio economico analogo nei 3 anni precedenti). In caso contrario, l’aliquota applicata sarebbe stata del 15%. Quindi, partendo da un reddito imponibile di 14.000 euro, Chiara sarà tenuta a pagare un’imposta sostitutiva pari a 700 euro (14.000 euro × 5% = 700 euro).
3. Calcola i contributi INPS
Continuando con l’esempio di Marco e Chiara, dopo aver calcolato le imposte dovute in base al loro regime (rispettivamente, ordinario e forfettario), è il momento di determinare i contributi previdenziali previsti per le loro attività.
Gestendo un’attività commerciale, entrambi saranno soggetti alla Gestione commercianti INPS, quindi dovranno pagare un contributo fisso annuale, aggiornato di anno in anno.
Il contributo variabile INPS si calcolerà in entrambi i casi sulla parte di reddito eccedente il minimale. Il portale INPS mette a disposizione un comodo strumento per procedere a questo delicato calcolo.
Al termine di questo passaggio, Marco potrà dedurre per intero i contributi previdenziali dal reddito imponibile IRPEF, mentre Chiara potrà dedurli ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva.
4. Gestisci l’imposta sulle vendite
Calcolare e gestire in modo corretto l’imposta sulle vendite, ossia l’IVA, è di cruciale importanza nella gestione di un’attività economica.
Come visto, la partita IVA ordinaria consente di dedurre le varie spese operative, ma presenta una gestione più articolata degli oneri fiscali, anche nell’ambito dell’imposta sulle vendite. Marco infatti dovrà emettere fattura con IVA, versare a cadenza periodica l’imposta incassata dai clienti e liquidare l’IVA, calcolando il relativo debito o credito.
Al contrario, Chiara non emetterà fattura, in quanto il regime forfettario è esonerato dagli obblighi IVA. Tuttavia, a differenza di Marco, Chiara non potrà detrarre l’IVA sugli acquisti, ma allo stesso tempo non sarà obbligata a effettuare liquidazioni periodiche.
Anche la rendicontazione IVA presenta diverse agevolazioni per Chiara, che potrà tenere una contabilità dell’imposta più snella, così da gestire in modo più semplice le attività quotidiane.
5. Liquida le varie tasse sulla partita IVA
Una volta definite e calcolate le varie imposte sulla partita IVA, è il momento di liquidare i tributi, vale a dire versare le somme dovute all’Erario nelle scadenze e modalità previste dalla legge.
Partendo sempre dall’esempio precedente, ecco quali sono le scadenze per Marco che gestisce la sua attività in regime ordinario:
- IRPEF e addizionali: saldo anno precedente + primo acconto, entro il 30 giugno (o 30 luglio con maggiorazione dello 0,4%).
- Contributi previdenziali: giugno e novembre, con possibilità di rateizzazione.
- Imposta sulle vendite: liquidazione mensile o trimestrale, con versamenti mediante modello F24 entro il 16 del mese successivo e dichiarazione annuale entro il 30 aprile.
- Versamenti: tramite modello F24, calcolando eventuali compensazioni a credito.
Chiara dovrà rispettare delle scadenze più flessibili e meno stringenti rispetto a Marco:
- Imposta sostitutiva: saldo anno precedente + primo acconto, entro il 30 giugno (o 30 luglio con maggiorazione dello 0,4%). Secondo acconto entro il 30 novembre.
- Contributi previdenziali: quota fissa in 4 rate trimestrali, eventuale contributo eccedente secondo le scadenze dell’imposta sostitutiva.
- Imposta sulle vendite: nessun obbligo di versamento periodico.
- Versamenti: tramite modello F24, anche online dal cassetto fiscale.
Costi deducibili nel regime ordinario
Nell’esempio di Marco e Chiara, abbiamo più volte visto come una delle differenze principali tra partita IVA in regime ordinario e forfettario risieda nella deducibilità dei costi legati all’attività economica svolta.
A differenza di Chiara, Marco può dedurre i costi sostenuti nella gestione della sua attività al fine di ridurre il proprio reddito imponibile.
- Acquisto di merci e materie prime
- Canoni di locazione
- Utenze e servizi
- Spese di pubblicità e marketing
- Spese per consulenze professionali
- Spese bancarie e commissioni POS
- Costi per il personale
- Ammortamento di beni strumentali
- Spese per formazione e aggiornamento
- Spese assicurative professionali
Acquisto di merci e materie prime
Le spese per l’acquisto di merci, accessori e altri articoli destinati alla vendita sono del tutto deducibili. Nell’ambito di un’attività commerciale, queste spese costituiscono le voci di costo principali, che vanno documentate mediante fatture d’acquisto intestate all’attività e apposita rendicontazione.
Canoni di affitto
I canoni di locazione dei locali a scopo commerciale, come un negozio fisico o un magazzino per la gestione dell’inventario, sono deducibili per intero, a condizione che i contratti di locazione siano registrati e intestati alla partita IVA dell’esercente. In questa voce, rientrano anche oneri accessori immobiliari, come le spese condominiali.
Utenze e servizi
Le bollette di luce, gas, telefono e Internet intestate all’attività sono deducibili, sempre in proporzione all’uso professionale.
Spese di pubblicità e marketing
È possibile dedurre interamente i costi di promozione della propria attività. Tra questi rientrano le campagne di marketing su Internet, la creazione di un sito web per la propria attività e qualsiasi altra spesa pubblicitaria documentata e fatturata.
Spese per consulenze professionali
Chi opera in regime ordinario può dedurre anche i compensi pagati a commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro e così via. Anche queste spese devono essere documentate a mezzo di fattura, indicante la prestazione ricevuta.
Spese bancarie e commissioni POS
I costi legati all’apertura di un conto corrente aziendale e le commissioni POS sono interamente deducibili. Per garantire una chiara tracciabilità di queste commissioni, è opportuno affidarsi a uno strumento trasparente e semplice da usare, come Shopify POS.
Costi per il personale
I costi legati a stipendi, contributi INPS, assicurazione e TFR di eventuali dipendenti di un’attività sono completamente deducibili. In questa deduzione rientrano anche i compensi versati a collaboratori occasionali o stagionali.
Ammortamento di beni strumentali
Le spese relative alle attrezzature strumentali di un’attività commerciale (ad esempio, arredi, registratori di cassa, dispositivi POS e così via) non si deducono al momento dell’acquisto, ma vanno ammortizzate in più anni, secondo le aliquote stabilite ogni anno dal Ministero delle Finanze.
Spese per formazione
I costi sostenuti per corsi di formazione, aggiornamento professionale, webinar o eventi di settore sono deducibili, se collegati all’attività economica svolta. In questa categoria rientrano anche i viaggi di lavoro e le relative spese di soggiorno.
Assicurazioni professionali
I titolari di partita IVA che operano in regime ordinario possono dedurre polizze RC professionali, assicurazioni su locali, merci o rischio incendio. In questa categoria non sono ammesse le assicurazioni personali, in quanto non collegate all’attività economica svolta.
Tasse partita IVA: domande frequenti
Quali sono le tasse sulla partita IVA?
Le principali tasse sulla partita IVA previste dal nostro ordinamento sono:
- IRPEF
- Imposta sostitutiva, applicata al posto dell’IRPEF nel regime forfettario
- Imposta sulle vendite (IVA)
- Contributi previdenziali
Qual è la differenza tra partita IVA in regime ordinario e regime forfettario?
Il regime forfettario presenta svariate semplificazioni, un’imposta unica sostitutiva al posto dell’IRPEF, nessun obbligo IVA e deduzione dei costi operativi. Il regime ordinario è più complesso, prevede l’applicazione dell’IRPEF a scaglioni, l’addebito e la detrazione dell’IVA e consente la deduzione delle spese sostenute nell’ambito dell’attività economica svolta.
Come si calcola l’imposta sulle vendite nella partita IVA in regime ordinario?
Chi opera in regime ordinario applica l’IVA in fattura, la riscuote dai clienti e la versa a cadenza periodica allo Stato, compensando l’IVA a debito (incassata) con quella a credito (pagata). Le scadenze sono mensili o trimestrali. Per semplificare la gestione di questa imposta e la relativa tenuta contabile, esistono diversi strumenti online intuitivi e facili da integrare nelle attività quotidiane, come Shopify Tax.
Cosa si intende per costi deducibili nel regime ordinario?
Nel regime ordinario, i costi deducibili sono tutte le spese sostenute e documentate, inerenti all’attività (affitto, utenze, consulenze, merci, dipendenti, marketing e così via). Questi costi riducono il reddito imponibile e, di conseguenza, l’ammontare delle imposte da pagare.
Cosa succede se non verso le tasse della partita IVA?
Il mancato o tardivo pagamento di queste tasse comporta il rischio di sanzioni, interessi di mora e avvisi di accertamento. È importante rispettare le scadenze fiscali previste, anche avvalendosi della consulenza di un commercialista.